La rivoluzione digitale in atto è un vero e proprio tzunami che sta stravolgendo ogni aspetto della realtà.
Al pari di altri ambiti, il settore giuridico si è visto costretto a confrontarsi con le nuove regole relazionali, cognitive, organizzative e di processo. L’essere protagonisti dell’era “Onlife” (“dove reale e virtuale si (con)fondono” (per usare le parole del Prof. Luciano Floridi che ha coniato il termine) ha imposto un’accelerazione al processo di erogazione e fruizione dei servizi legali.
Le innovazioni introdotte dalle soluzioni “legaltech” stanno agendo profondamente sul piano organizzativo e di processo, tanto più se implementate con sistemi di Intelligenza Artificiale, cloud, cognitive computing e l’Internet of Things (IoT).
Web, reti, connessione; l’interfaccia come ambito “privilegiato di elaborare l’informazione” (Buffardi, de Kerckove) quale insieme strutturato di dati ove il dato è l’unità minima informativa … “bit”. Interdisciplinarietà, multidisciplinarietà, contaminazione, nuove competenze e capacità (hard & soft) sulle quali investire per essere agenti del cambiamento ed orientarsi in una realtà complessa da interpretare e tradurre per rispondere ai nuovi bisogni.
Il linguaggio tecnico giuridico si confronta con nuovi codici comunicativi, manifestando molto spesso la sua inadeguatezza.
In questo quadro sommariamente delineato, decisamente dinamico, il Legal Design si fa largo nel panorama delle utilità più efficaci per gli operatori del diritto.
Il Legal Design rappresenta in primo luogo un metodo di analisi funzionale alla progettazione dell’intervento legale. E’ attività quotidiana di ogni legale raccogliere informazioni, analizzarle, selezionarle e rielaborarle sul piano della realtà giuridica per giungere a progettare un percorso di consulenza, assistenza o rappresentanza processuale. La contaminazione tra tecnologia (da intendersi quale sintesi di matematica, logica, informatica e filosofia) e diritto ha favorito l’ingresso in ambito legale di metodologie e strumenti di analisi dei dati, nonché veri e propri processi di analytics, che rispondono maggiormente ad esigenze di celerità ed efficacia degli interventi. Sotto tale punto di vista, il Legal Design rappresenta uno strumento di lavoro utile per acquisire la capacità di un approccio sistematico, basato sull’analisi dei dati e dell’informazione, di tipo manageriale, progettuale, che amplia la conoscenza di nuovi linguaggi, con propri codici ed elementi caratterizzanti.
Il Legal Design rappresenta inoltre un valido strumento di decodifica dell’informazione. L’esigenza di decodificare il codice linguistico giuridico, notoriamente complesso, si è imposta da un lato per agevolare il processo di digitalizzazione, informatizzazione, dell’informazione contenuta nel documento legale (es. smart contract; implementazione del contenzioso in via telematica o giustizia predittiva); dall’altro rispondere all’esigenza di colmare la distanza comunicativa tra il mondo legal e gli utenti. In entrambi i casi, il codice linguistico giuridico, mediante il quale l’informazione è resa, cessa di svolgere la propria funzione. Il contenuto subisce un processo di destrutturazione e scomposizione concettuale e viene riprodotto secondo le regole proprie del nuovo codice adottato, funzionale ad aumentare la forza comunicativa del messaggio. Se nel primo caso entra in gioco l’informatica giuridica che agisce sul piano dell’implementazione delle soluzioni tecnologiche in ambito giuridico (intelligenza artificiale, giustizia predittiva); nel secondo caso, sono le contaminazioni filosofiche e sociologiche che impongono di ripensare il linguaggio giuridico in ottica human centered, con l’obiettivo di portare valore in termini di consapevolezza riguardo l’informazione legale: rendere il contenuto del documento giuridico fruibile ed accessibile, se non addirittura coinvolgente.
E’ qui che la contaminazione del linguaggio giuridico con il linguaggio visivo, il Visual Design, apre ulteriori scenari che sollecitano un approfondito dibattito riguardo l’uso del linguaggio visuale in ambito giuridico che trova nel Legal Design Manifesto (https://www.legaldesignalliance.org/ ) un’ottima sintesi del percorso compiuto dal fenomeno dalla sua ideazione made in USA alle sue attuali applicazioni, grazie all’opera di Margaret Hagan, che anche in ambito europeo annovera esponenti di primissimo livello, come Stefania Passera ed Helena Haapio.
Si entra così nel creativo mondo del Legal Design e nel dibattito di quanto le immagini (disegni, icone, grafici ecc.) possano permeare, contaminare, il linguaggio giuridico non meno creativo atteso che in molti casi, liberato da formule inutilmente sacramentali che ne snaturano la portata comunicativa, “non si limita a descrivere fatti e comportamenti” (G. Carofiglio) ma li genera.
La discussione sul punto è aperta, ricca di spunti e novità; la sperimentazione sul campo in piena evoluzione….
ne vedremo delle belle!