A chi serve la funzione legale?
Nella mentalità imprenditoriale diffusa, “ufficio legale” fa spesso rima con “compliance”. Una parola inglese con cui si tende soprattutto ad esprimere un concetto di obbedienza al sistema giuridico: in questo senso il ruolo del giurista viene avvertito come un costo, a volte sproporzionato. Tanto che molte PMI preferiscono esternalizzare questo servizio, o non ricorrervi affatto.
Ma è proprio così? Secondo la prof.ssa Claudia Sandei, docente di diritto commerciale dell’Università di Padova e coordinatrice del progetto di didattica innovativa Millennial Lawyers, si tratta di una visione che non tiene conto delle opportunità e insieme delle sfide portate dalla trasformazione digitale, sottolineando come siano due i profili da considerare.
Il primo riguarda proprio il ruolo del giurista, la cui posizione non può più intendersi marginalizzata alla semplice verifica di un’astratta compatibilità fra il prodotto, il servizio, il modello desiderato dal management e l’ordinamento vigente. Perché quando si parla di AI, big data, blockchain, spesso non c’è un diritto, soprattutto manca la guida della giurisprudenza e così tocca muoversi su terreni incerti. E poi bisogna conoscere bene le tecnologie con cui si ha a che fare. Insomma è anche una questione di (nuove) competenze e, più in generale, si potrebbe dire di nuove funzioni. Se invero si vuole evitare di investire tempo e risorse in progetti inattuabili sul piano giuridico, ecco che l’attività del legale si deve anticipare alla fase di progettazione. Si pensi, solo per fare un esempio banale, ad un’impresa che sia determinata a realizzare un sistema di IA per automatizzare certi processi: un tempo gli ingegneri avrebbero presentato al giurista il prodotto già pronto, ciò che oggi non sarebbe affatto conveniente e neppure possibile, atteso che per realizzare il sistema, prima ancora quindi che per la sua messa in funzione, occorre valutare se e quali dati (di allenamento) sono effettivamente disponibili secondo il sistema giuridico e per quali finalità o con quali modalità possono essere trattati.
Il secondo aspetto riguarda invece l’espletamento delle funzioni del giurista d’impresa. Mentre tutti i reparti hanno visto evolvere le proprie modalità operative, in molti uffici legali si continua a lavorare con Word e Outlook. Ma i tempi sono cambiati ed è ormai ora che lo spirito efficientistico che accompagna la quarta rivoluzione industriale penetri anche negli uffici legali, così da rendere il loro servizio più economico, sicuro, veloce. Certo si tratta di un cambiamento non banale, che richiede energia, visione e competenze ma come dimostra l’esperienza del Legal Tech Camp realizzato dagli studenti di Padova in collaborazione con la legal tech Rokh, per Diadora e De Longhi, gli strumenti ci sono e l’Università è pronta ancora una volta a svolgere il suo ruolo di guida.
Del resto siamo nell’era dei Millennial ed è giusto dare spazio anche a loro, che con questi linguaggi ibridi ci sono nati. Tanto più che senza l’apertura ad un confronto intergenerazionale sarà difficile anche che le imprese possano comprendere quali sono i bisogni autentici e le aspirazioni dei giovani d’oggi, presupposto essenziale per un recruitment di qualità e di valore, che porti e mantenga in azienda i talenti migliori.
Ci credono i protagonisti e ci crede anche Assindustria Venetocentro, che in autunno siglerà proprio con l’Innovation Technology Law Lab, Centro di ricerca del Dipartimento di Diritto Privato e Critica del Diritto di Padova, una Convenzione per lo sviluppo e il potenziamento di questo tipo di progetti a supporto della digitalizzazione imprenditoriale.
Perché l’innovazione si fa, non si insegna.
Vedremo quante imprese saranno pronte a raccogliere la sfida che partirà ufficialmente il 21 settembre 2022 con un grande evento nelle sale storiche di Palazzo Bo, da otto secoli sede dell’Università di Padova, intitolato “Legal is digital. Così si crea l’ufficio legale del futuro” https://itll.it/.